Storia della scienza del colore | |||
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Isaac Newton |
Isaac Newton, lo
scienziato (natural philosopher, come si diceva allora) inglese
oggi considerato il principale artefice del passaggio dalle antiche
concezioni aristoteliche alla moderna concezione sperimentale della
fisica, ebbe per primo l’idea che la relazione tra lo stimolo della luce e
la percezione del colore si potesse rappresentare con un modello
matematico.
Prima di Newton era opinione comune che la luce fosse una entità omogenea, non composta, capace di differenti "qualità" secondo la sua interazione con la materia, ma che rimanesse essenzialmente illuminante, con la stessa essenza e lo stesso comportamento. Modificata da rifrazioni e riflessioni, la luce generava le diverse percezioni di colore (questo punto di vista viene detto "modificazionismo"). Negli esperimenti che condusse a cavallo tra il 1665 e il 1666, Newton aveva invece osservato che la luce del sole, fatta passare attraverso un prisma, si scompone in una serie di colori (è il fenomeno della "dispersione della luce"), a causa della diversa rifrattività dei raggi che la compongono. Newton chiama questa serie di colori "spettro" (in latino spectrum, "immagine", "visione", anche "fantasma") e spiega il fenomeno ipotizzando che nella luce del sole siano contenuti raggi diversi, che hanno diverse rifrattività e che vengono percepiti come diversi colori se osservati separatamente. Quando questi diversi raggi sono mescolati, l’apparato visivo percepisce un colore diverso da quelli che percepirebbe se fossero separati. Il colore quindi è una precezione soggettiva, causata da uno stimolo fisico oggettivo, la luce. Anche Cartesio pensava che il colore fosse una percezione, ma spetta a Newton il merito di averlo affermato nettamente e senza equivoci. La colorimetria (parte della psicofisica) è lo studio di questa percezione, con riferimento allo stimolo luminoso che la produce. Più in generale la scienza del colore è un argomento interdisciplinare che, oltre alla colorimetria, comprende la parte dell'ottica che studia le caratteristiche della luce che riguardano il colore, la psicologia della percezione visiva (a colori), la fisiologia dell'occhio, la neurobiologia e neurofisiologia relative alla visione (a colori) e le teorie della visione. Nel febbraio del 1672 Newton spedisce al segretario della Royal Society, dopo esserne stato eletto membro, una memoria di 20 pagine, nota con il titolo New Theory About Light and Colour oggi considerata un capolavoro della letteratura scientifica, nella quale compendia la sua teoria, la base della moderna teoria scienza dei colori, in tredici punti. Solo nel 1704 pubblicherà un trattato completo, Opticks un trattato sulle riflessioni, rifrazioni, inflessioni e sui colori della luce. | ||
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Una edizione in inglese dell'Ottica. | |||
Lo spettro luminoso | |||
La luce del sole non è una
entità omogenea, ma è composta di diversi tipi di luce (o raggi, oggi
diciamo radiazioni) separabili mediante la rifrazione. Tra i diversi
colori dello spettro (percezione soggettiva, non misurabile) e le
rifrattività dei raggi che li producono (stimolo fisico oggettivo,
misurabile) vi è una corrispondenza biunivoca, che Newton enuncia
chiaramente affermando che
al medesimo grado di rifrangibilità appartiene sempre il medesimo colore e al medesimo colore appartiene sempre il medesimo grado di rifrangibilità. I raggi minimamente rifrangibili sono tutti atti a esibire il colore rosso e, inversamente, quei raggi che sono atti a esibire il colore rosso sono tutti minimamente rifrangibili. Analogamente, i raggi massimamente rifrangibili sono tutti atti a esibire il colore violetto cupo e, inversamente, quelli atti a esibire un tale colore violetto sono tutti massimamente rifrangibili. Allo stesso modo, ai colori intermedi disposti in una serie continua appartengono gradi intermedi di rifrangibilità. E questa analogia tra colori e rifrangibilità è assolutamente esatta e rigida. Anche se limitata ai colori spettrali (cioè quelli prodotti da luce di unica rifrattività), questa è la prima misura della percezione del colore che sia stata proposta. Newton stesso si rende conto della novità e della sorpresa che questa osservazione avrebbe potuto provocare e anticipa che un naturalista non si aspetterebbe di vedere la scienza di quelli [cioè dei colori] diventare matematica, e tuttavia oso affermare che in essi vi è altrettanta certezza che in qualsiasi altra parte dell’ottica. Poiché, come oggi sappiamo, la rifrattività dipende a sua volta in modo biunivoco dalla lunghezza d’onda della radiazione, si usa indicare un colore spettrale mediante la lunghezza d’onda della relativa radiazione. Per esempio, specificando 520 nm (nm è la sigla di nanometro, un nanometro è un miliardesimo di metro, cioè un milionesimo di millimetro) si intende indicare il colore (verde) prodotto da una radiazione di singola lunghezza d'onda (monocromatica) appunto di 520 nm. | |||
Lo spettro dei colori. In alto i nomi dei principali colori presenti nello spettro; in basso le lunghezza d'onda in nm. | |||
Quando è sufficiente
riferirsi in modo approssimato ai principali colori spettrali li si può
semplicemente indicare con un nome. Qui sopra sono riportati i sei nomi
oggi generalmente usati. Suddividendo il violetto in due settori, violetto
e indaco, Newton preferiva nominarne sette:
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I colori non spettrali | |||
Tuttavia non esistono solo i colori spettrali (originali, semplici, prismatici nel linguaggio di Newton), ma anche quelli ottenuti mediante composizione (cioè mediante mescolanza o sovrapposizione) di due o più colori spettrali. Anzi in natura non si trovano spontaneamente colori spettrali, ma solo loro mescolanze. Come si possono misurare e specificare i colori ottenuti mediante mescolanza? Newton osserva che la mescolanza di due colori spettrali abbastanza vicini nello spettro dà come risultato un colore non spettrale (poiché è ottenuto come mescolanza di colori spettrali) che ha tuttavia la stessa tinta del colore spettrale intermedio tra i due, ma è un po' più pallido. Newton tratta la questione nella seconda parte del primo libro di Opticks. Nella proposizione VI egli pone il problema di stabilire in un miscuglio di colori primari, essendo data la quantità e la qualità di ciascuno, […] il colore del composto. Newton intende con "quantità" ciò che oggi indichiamo con chiarezza (o, con un termine meno corretto, luminosità) mentre la "qualità" è la parte cromatica del colore (tinta e saturazione). Infatti, un miscuglio di rosso e di giallo omogenei compongono un arancione, simile in apparenza al colore di quell’arancione che nella serie dei colori prismatici semplici giace tra essi; ma la luce di un arancione è, quanto alla rifrangibilità, omogenea, e quella dell'altro è eterogenea. I colori possono essere prodotti per composizione, e saranno simili ai colori della luce omogenea quanto all’apparenza del colore, ma non quanto all’immutabilità del colore [proprietà di scomposizione]e alla costituzione della luce [proprietà fisiche]. E quanto più quei colori sono composti, tanto più essi sono meno pieni e intensi… Per esempio la mescolanza di azzurro e giallo dà verde pallido, più precisamente un verde che ha la stessa tinta del verde spettrale intermedio tra azzurro e giallo, ma non è spettrale ed è più pallido. E così violetto e azzurro danno un indaco non spettrale più pallido di quello spettrale intermedio. Newton nota anche che …se vengono mescolati il rosso e il violetto, verranno generati, in accordo con le loro diverse proporzioni, vari viola, tali che non sono simili, all’apparenza, al colore di una qualsiasi luce omogenea… Cioè, la mescolanza dei colori spettrali estremi, violetto e rosso, dà luogo ad un colore viola la cui tinta non è simile a quella di nessun colore spettrale ma che appare visivamente intermedio tra il rosso e il violetto. Ciò significa che violetto, viola e rosso, inducono nell’occhio percezioni di colore "contigue". | |||
Il cerchio cromatico | |||
Tutto ciò porta Newton a
ritenere che il modello adeguato per spiegare la percezione del colore sia
un cerchio, il cerchio cromatico di Newton.
Ogni punto del cerchio rappresenta un colore. Sulla circonferenza del cerchio sono disposti i colori spettrali, da rosso a violetto. Tutti i colori all’interno sono non spettrali (cioè ottenuti per mescolanza di spettrali). Nel centro c’è il bianco, e su ogni raggio che unisce il centro con un colore spettrale (sulla circonferenza) sono posti i vari gradi di saturazione di tale colore, dal bianco (saturazione nulla) al colore spettrale stesso (saturazione massima). Nel cerchio Newton indica anche i confini approssimati tra quelli che lui considera i sette colori principali, in relazione alle proporzioni dei colori nello spettro. | |||
Il cerchi cromatico di Newton (i colori li ho aggiunti io). | |||
In questo modello le diverse mescolanze di due colori spettrali nelle varie proporzioni relative stanno sul segmento retto che li unisce. In particolare, se si mescola una quantità (chiarezza) a di colore A con una quantità b di colore B il risultato sarà una quantità a+b del colore M rappresentato dal punto che sta sul segmento AB in modo tale che AM stia a MB come b sta ad a. | |||
Mescolando 3 quantità di A con 5 quantità di B si ottengono 8 quantità di M. | |||
Per esempio mescolando a=3
quantità di colore A con b=5 quantità di colore B si otterranno 8 quantità
del colore M. La posizione di M sul segmento AB si ottiene dividendo il
segmento in 3+5 = 8 parti uguali, e prendendo 5 parti per AM, e
quindi 3 parti per MB. Lo stesso colore, ma in quantità maggiore, si
ottiene con a = 6 e b = 10.
Se si considerano le quantità di colore come pesi, quella appena indicata è la regola di costruzione del baricentro. | |||
Dove sta il baricentro di due pesi di 3 e 5 unità? | |||
Se in A e B sono caricati due pesi rispettivamente di 3 e 5 unità, il centro di gravità o baricentro dei due pesi caricati in A e B è posizionato a distanza 3 dal peso B e a distanza 5 dal peso A. | |||
Sta a distanza 5 dal primo e distanza 3 dal secondo. | |||
I due pesi sono staticamente equivalenti ad un terzo peso uguale alla somma dei due, situato nel baricentro. Questo modello spiega l’osservazione di Newton che la mescolanza di due colori spettrali dà luogo ad un colore che ha la stessa tinta dello spettrale intermedio ma è più pallido (a meno che il baricentro non cada sul confine tra rosso e violetto, e allora il risultato è viola, che non è simile a nessun colore spettrale: di questo caso particolare Newton parla solo di sfuggita). Infatti il colore M trovato con la regola del baricentro sta sulla corda AB ed è quindi più vicino al bianco. Più precisamente, per la stessa regola del baricentro, può essere considerato mescolanza di una certa quantità di colore spettrale C e di una certa quantità di bianco, quantità che si possono calcolare esattamente. Il cerchio cromatico è un modello bidimensionale in quanto specifica esplicitamente solo la parte cromatica del colore (cioè la tinta e la saturazione), ma Newton sapeva bene che un modello bidimensionale non era sufficiente ed infatti usava la chiarezza (cioè la parte non cromatica) come terza dimensione implicita. | |||
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La scienza dei colori | |||
Il modello di Newton è
usato ancor oggi quando si vuole dare un’idea approssimata di come possano
essere ordinati e specificati i colori utilizzando tre coordinate
cilindriche, la tinta nell’intervallo da 0 a 360°, la chiarezza maggiore o
uguale a 0 e la saturazione compresa tra 0 e 1.
In una rappresentazione semplificata di questo tipo i punti lungo la scala delle tinte possono essere indicati con nomi scelti e posizionati arbitrariamente (per esempio rosso, giallo, verde, blu, viola) secondo la successione dello spettro, e uniformemente spaziati lungo la circonferenza. In tal caso si perde ogni relazione tra colore e stimolo luminoso come pure la possibilità di specificare il colore di una mescolanza. Newton stesso era conscio del fatto che il suo modello era da perfezionare, e che la regola fosse abbastanza rigorosa per la pratica, sebbene non matematicamente rigorosa. Newton insomma fissò i principi fisici della scienza (della misura) dei colori, e se quei principi sono tali che a partire da essi un matematico può determinare tutti i fenomeni dei colori che possono essere causati dalla rifrazione […] io suppongo che la scienza dei colori sarà ammessa matematicamente. Dovettero tuttavia passare più di 150 anni prima che sulle fondamenta gettate da Newton, un matematico tedesco, Hermann Grassmann, iniziasse a costruire le mura maestre della scienza della misura dei colori. | |||
Riferimenti bibliografici | |||
La teoria sulla
composizione della luce e sulla visione dei colori è stata elaborata da
Newton a partire dal 1666 e descritta negli appunti manoscritti per i suoi
studenti del Trinity College di Cambridge degli anni dal 1669 al 1671, poi
pubblicati postumi nel 1729 col titolo Lectiones Opticæ.
New Theory about Light and Color è una memoria di venti pagine del 1672 spedita da Newton al segretario della Royal Society dopo esserne stato eletto membro. Contiene un riassunto chiaro e preciso delle esperienze fatte da Newton sulla dispersione della luce e sulla visione dei colori. Nel 1703 Newton viene eletto presidente della Royal Society e per rendere significativa la nomina, pubblica nel 1704 Opticks di cui nei successivi 23 anni si ebbero cinque edizioni, tre in inglese e due in latino. Tutti questi scritti sono tradotti in italiano in Scritti di Ottica (a cura di Alberto Pala), Torino: Utet (1978), da cui sono tratte le citazioni. Altre agevoli letture in italiano sono
Più impegnativo ma molto interessante questo volume in inglese che conduce il lettore allo studio delle opere sul colore di Newton
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Altre informazioni su Internet | |||
The Sir Isaac Newton Home Page
Newtonia: pages about Sir Isaac Newton Il capitolo su Newton in The Representation of Color Metrics and Mappings in Perceptual Color Space | |||
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